LO ZOOM TUTTOFARE D'ALTA GAMMA DELL'ERA AiS
La Nippon Kogaku fu una delle prime aziende a commercializzare una vasta gamma di obiettivi zoom caratterizzati da elevata qualità ottica ed adeguata montatura meccanica, conseguendo negli anni '60 È70 una sorta di leadership nel settore, grazie anche ad articoli di nicchia come il mostruoso zoom-Nikkor 360-1200mm f/11, passato alla storia più come titolare di record (peso, costo, dimensioni, focale, etc.) che per reali statistiche di vendita; ad inizio anni '80 molti fermenti rendevano eccitante l'atmosfera che indugiava nell'ambiente, e tutti erano coscienti delle grandi rivoluzioni che fremevano dietro l'angolo: l'autofocus era alle porte ma anche la tecnologia ottica era ormai allo stato dell'arte ed era in grado di concretizzare a prezzo di mercato obiettivi che poco prima sembravano solamente un sogno romantico.
In questa fase la grande Casa giapponese impostò un articolato programma di rinnovamento ed implemento della sua pregiata gamma di zoom, che, per quanto costosi forse oltre il lecito, erano sempre richiestissimi dai Nikonisti, con una doverosa attenzione anche all'ormai imminente passaggio ai sistemi autofocus; in particolare, la serie di zoom "standard" (da medio grandangolo a medio tele, includendo la focale normale da 50mm), fino ad allora limitata all'escursione 35-70mm, venne rapidamente ampliata, lanciando sul mercato lo zoom-Nikkor 35-105mm f/3,5-4,5 nel Gennaio 1983, lo zoom-Nikkor 35-135mm f/3,5-4,5 nel Dicembre 1984 e gli zoom-Nikkor 28-85mm f/3,5-4,5 e 35-200mm f/3,5-4,5 nel Dicembre 1985: in neanche tre anni venne concretizzata una serie assai articolata, che dall'economico entry-level 35-70mm f/3,5-4,5 saliva di gerarchia passando per
il 35-105mm, il 35-135mm ed infine il 35-200mm, il pezzo più pregiato di questa serie di obiettivi caratterizzati dall'identica luminosità massima e da range di focali sempre più ampio.
Curiosamente, il 35-200mm f/3,5-4,5 AiS fu l'unico fra gli obiettivi citati a non meritare la "promozione" ad AF-Nikkor, e rimase in produzione per vent'anni, altero ed immutabile, nell'originale montatura AiS con messa a fuoco manuale e tutti gli stilemi dei Nikkor classici, compresa l'immortale forcella per il Photomic e la presa di forza sporgente per il servo EE DS-12 della Nikon F2AS, forse il più clamoroso tributo di Nikon alla filosofia della non-obsolescenza (è ancora presente negli AF Nikkor attuali tipo D!).
È mia opinione, e chiunque è libero di non condividerla, che quest'obiettivo sia estremamente interessante in quanto coagula in se ingombri molto ridotti, escursione focale e messa a fuoco macro che permettono di affrontare la maggioranza delle situazioni, qualità meccanica molto buona e prestazioni ottiche insolitamente elevate per uno zoom così estremo; è sempre mia opinione, tuttavia, che sia stato concepito per vivere in una sorta di "limbo": era troppo ben costruito e complesso dal punto di vista ottico e meccanico, e quindi così costoso da metterlo abbondantemente fuori budget per gli utenti entry-level interessati ad uno zoom tuttofare, mentre proprio questa sua connotazione di all-in-one ha scoraggiato i professionisti in grado di gestire cifre del genere, i quali preferivano un rassicurante corredo costituito da focali fisse o zoom dall'escursione meno ardita e quindi, sulla carta, più affidabili sul piano delle prestazioni...
Per dare un riferimento, sull'Almanacco di Fotografare 2001 il Nikkor 35-200mm era prezzato 3.150.000 Lire, a fronte dei 2.000.000 di Lire richiesti per lo zoom autofocus professionale AF-Nikkor 35-70mm f/2,8 o dei 2.800.000 Lire necessari per far proprio il celebre AF-Nikkor 80-200mm f/2,8 ED D; con una cifra analoga (3.200.000 Lire) si metteva in borsa l'AF-Nikkor 300mm f/4 ED.
Lo zoom-Nikkor 35-200mm f/3,5-4,5 AiS incarna al 100% il classico stile degli zoom manual focus di casa Nikon: ghiera one-touch per messa a fuoco e variazione di focale con scala della profondità di campo costituita da iperboli colorate che permettono di verificare i dati a qualsiasi lunghezza focale; essendo uno zoom AiS, dispone ancora della forcella per accoppiarsi al simulatore del diaframma utilizzato nei corpi macchina antecedenti alla serie Ai del 1977, rendendolo pienamente sfruttabile anche sulle varie Nikon F ed F2 Photomic o Nikkormat; l'obiettivo, una volta collassato su 35mm, è decisamente compatto e trasportabile e si trasforma in un perfetto "compagno di giochi" per viaggi-vacanze o escursioni disimpegnate.
Potete notare che, sulla presa di forza cromata, sono riportati due distinti punti di fede, uno verde ed uno arancio: essi si riferiscono alla luminosità massima alle focali estreme (f/3,5 su 35mm ed f/4,5 su 200mm); le rispettive focali presenti sulla scala nel barilotto dell'obiettivo sono smaltate con identico colore.
Quattro viste dell'obiettivo; se proprio vogliamo trovare un difetto alla chiara impostazione grafica, occorre notare che gli indici della profondità di campo hanno relegato la scala delle focali sul fianco sinistro, in posizione non immediatamente visibile dall'utente.
I "dati di targa" sono riportati sul collare anteposto all'ampia ghiera gommata che gestisce messa a fuoco e variazione di focale; occorre annotare che la montatura anteriore ruota in modo solidale con la ghiera di messa a fuoco, richiedendo attenzioni supplementari quando si impiega un filtro polarizzatore.
La scala indicizzata con le lunghezze focali si trova, come detto, circa a 90° rispetto alla linea di fede superiore; è evidente che la variazione non è proporzionale all'escursione della ghiera e consente una regolazione più precisa sulle focali più corte, una scelta logica che suffraga l'esperienza diretta sul campo.
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Lo zoom-Nikkor 35-200mm f/3,5-4,5 AiS focheggia direttamente da infinito ad 1,6 metri, una distanza minima sicuramente limitante, in special modo alla focale minima, sovente impiegata per ritratti ambientati con soggetto a breve distanza dall'apparecchio; per ovviare al questo handicap, gli ingegneri meccanici della Nikon - lavorando in sinergia con progettista del sistema ottico - hanno elaborato un barilotto di mirabile complessità, adeguatamente coperto da brevetto, in grado di sdoppiare le operazioni di messa a fuoco su due ghiere distinte e complementari, previa vistosa variazione degli spazi fra i gruppi ottici principali per ottimizzare la resa a distanze ravvicinate, un sistema analogo a quello adottato nel coevo zoom-Nikkor 28-85mm f/3,5-4,5 AiS.
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Questi schemi sono stati ricavati dal progetto originale che gli ingegneri Naito, Kodaka e Shiokama-San hanno elaborato appositamente per quest'obiettivo, prevedendo una serie di camme supplementari (messe in azione da una ghiera rotante) che modificano la posizione standard dello schema ottico, ottimizzandolo per le riprese ravvicinate; vediamo in dettaglio come funziona questo doppio sistema di messa a fuoco.
Un'annotazione: il cannotto rotante esterno è in resina elastica, e se durante la rotazione facciamo forza su di esso, anzichè sulla ghiera godronata alla sua base, è facile deformarlo e mandarlo a contatto con le meccaniche sottostanti, un errore subito evidenziato da un fastidioso rumore dovuto ad attriti e sfregamento.
Sopra: Un dettaglio della linea di fede che indica la completa rotazione della ghiera "macro" e l'accesso ai massimi rapporti di riproduzione possibili. A destra: Un dettaglio della baionetta posteriore, fissata con cinque robuste viti e dotata di tutte le caratteristiche proprie allo standard AiS; nel corso degli anni la statistica del gradimento da parte degli utenti è stata piuttosto articolata, come se alcuni esemplari fossero decisamente meno brillanti rispetto allo standard; si è supposto che in quei particolari casi si fossero allentate o addirittura perdute le tre viti indicate dalle frecce, il cui compito è quello di tenere in sede il castelletto secondario che gestisce parzialmente le complesse operazioni di predisposizione alla zona di messa a fuoco macro: un suo allentamento comprometterebbe i movimenti e la loro precisione, giustificando il calo delle prestazioni; suggerisco quindi caldamente di verificare con attenzione il corretto serraggio di queste tre viti, fissandole magari con una goccia di quella lacca impiegata per validare le garanzie negli apparecchi elettronici. Naturalmente il trattamento antiriflessi applicato è quello più sofisticato allora disponibile in casa Nikon, ovvero il NIC multistrato, una necessità assoluta per un obiettivo che incorpora ben 17 lenti. |
Come da tradizione per questa generazione di obiettivi, il diaframma è composto da sette lamelle, tuttavia fra f/3,5 e f/8 il loro incrocio crea la caratteristica sagoma definita "a denti di xxx", ben nota agli appassionati Zeiss che utilizzano obiettivi per Contax-Yashica degli anni '70.
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In questa prima generazione di zoom ad ampia escursione ancora vincolati alla focale minima di 35mm, non si può non accennare all'obiettivo che ha portato questo concetto alle estreme conseguenze, ovvero il Canon EF 35-350mm f/3,5-5,6 L, obiettivo arrivato circa 7 anni dopo e che poteva contare su una escursione 10x dal sapore cinematografico, su un veloce autofocus USM e su una messa a fuoco minima molto favorevole; naturalmente c'è sempre il rovescio della medaglia, a partire dai 5 milioni di Lire richiesti nel 1992 per acquistarlo, senza dimenticare le sue dimensioni, decisamente superiori a quelle del compatto zoom-Nikkor 35-200mm...
Queste immagini in reciproca scala (SIC) confermano l'eccezionale compattezza dello zoom-Nikkor 35-200mm, anche se il rivale Canon garantisce un'escursione focale decisamente superiore, risultando però estremamente vistoso, una caratteristica che nel reportage o nei viaggi in certi paesi può essere molto penalizzante.
Lo zoom-Nikkor 35-200mm f/3,5-4,5 fu prodotto per vent'anni esatti, dal Dicembre 1985 al Dicembre 2005, a partire dalla matricola 200001; la produzione effettiva non è stata dichiarata dalla Casa ma non dovrebbe superare di molto i 42.000 esemplari, decisamente pochi per un obiettivo giapponese costruito per un lasso di tempo così ampio: come già argomentato, probabilmente era troppo "professionale" e costoso per i suoi clienti-tipo e troppo "amatoriale" nell'escursione per i professionisti, che forse, in mancanza di prove o riscontri certi, hanno sottovalutato le sue reali prestazioni, assimilandolo ad un giocattolone incapace di mordere...
Lo schema ottico, molto complesso, utilizza 17 lenti in 13 gruppi, la montatura anteriore accetta filtri da 62mm ed un paraluce a pressione (con nottolino a vite di serraggio) tipo HK15, mentre le dimensioni sono molto contenute (appena 13cm di lunghezza); il peso di 740g è abbastanza sostenuto ma è il tributo che si paga all'elevata sofisticazione ottica e meccanica di questa realizzazione.
(credits: Borchure Nikon Co.)
Vediamo ora, in anteprima assoluta, i segreti del suo gruppo ottico, realizzato con materiali così pregiati da giustificare ampiamente l'elevato prezzo di listino.
In questo schema sono presenti tutti i parametri relativi allo schema ottico: rifrazione e dispersione dei vetri, raggi di curvatura delle lenti, spessori e spazi sull'asse, distanze variabili con i flottaggi. Lo schema ottico del Nikkor 35-200mm è basato su quattro gruppi di lenti principali, tutti mobili, il che comporta quattro spaziature variabili durante la variazione di focale e la messa a fuoco: gli spazi D5, D13, D19 e la distanza retrofocale Bf; la focale effettiva dell'obiettivo è 36,12 - 193,96mm ed il suo nocciolo ottico è uno strabiliante arsenale di vetri ottici speciali, al punto che su 17 lenti solamente 5 cono state realizzate con vetri ottici dalle caratteristiche "normali": sono innanzitutto presenti due vetri a bassa dispersione di tipo Phosphor-Krown e formulazione proprietaria (L2 - L10), con numero di Abbe superiore a 70; è interessante sapere che, nel progetto originale di Tomowaki Takahashi, inventore dello schema, la seconda lente era realizzata in vetro ED (a dispersione ancora inferiore, con numero di Abbe vD= 82,6 anzichè 70,1), un'ulteriore raffinatezza cui si rinunciò impostando la produzione per non gravare ulteriormente i costi. Sono poi presenti quattro vetri Short-Flint ad alta-altissima rifrazione ed alta dispersione (L1 - L5 - L8 - L11), uno dei quali riconducibile al tipo Schott SF6 e gli altri tre ad un vetro proprietario Nikon molto utilizzato dai suoi progettisti e caratterizzato da un indice di rifrazione di ben 1,861, valore peraltro surclassato dall'impressionante Short-Flint al Lantanio in posizione L4, un vetro dotato di altissima rifrazione (addirittura superiore ad 1,9) e dispersione proporzionalmente ridotta rispetto a tale valore rifrattivo (vD= 35,8): come riferimento, sono valori che avvicinano quelli del celebre vetro "Leica Noctilux"...
Troviamo poi un Flint al Lantanio in posizione L3 (rifrazione 1,797 e dispersione 45,5), uno Short-Flint al Lantanio proprietario in posizione L6 (rifrazione 1,877 e dispersione 38,1), un vetro tipo LAK8 in posizione L7, un Flint al Lantanio proprietario in posizione L14 (rifrazione 1,796 e dispersione 41,0) ed un LAF21 in posizione L17. Il massiccio impiego di vetri speciali differenzia immediatamente questo progetto da altri zoom-Nikkor nati con un occhio all'economia di scala e caratterizzati da una ridotta scelta di vetri, peraltro convenzionali: in questo caso l'obiettivo evidente erano le prestazioni! L'ottica fu completata nell'estate del 1983, lavorando in tandem con il team di ingegneri meccanici che recepivano le quote dei vari flottaggi teorici e le trasformavano in cinematismi idonei alla produzione: infine, l'abbondante spazio retrofocale compreso fra 53mm e 94mm rende l'obiettivo idoneo all'impiego sui sensori full-frame attuali.
Una caratteristica tipica del Nikkor 35-200mm consiste nella grande resistenza opposta dalla ghiera principale alla variazione di focale, una "pastosità" che impedisce rapidi cambi di inquadratura e zoomate creative utilizzando abbondanti tempi di posa; a mio giudizio una delle ragioni di questo comportamento può avere origine dalla scelta di utilizzare un sistema one-touch: se osserviamo i movimenti propri ai quattro gruppi di lenti durante il passaggio da 35mm a 200mm, possiamo notare che i moduli G1, G2 e G4 avanzano costantemente, sia pure in modo non proporzionale, mentre il modulo G2 inizialmente avanza in sincrono, poi inverte la rotta ed arretra in misura via via maggiore con l'aumentare della focale, un movimento di va-e-vieni gestito dalla ghiera principale durante un singolo movimento in direzione del soggetto! Questa caratteristica ha comportato camme di grande complessità, e complice il naturale deperimento dei lubrificanti è possibile che siano la causa di questo "indurimento" generalizzato.
Nel progetto originale di Takahashi-San erano previsti tre prototipi alternativi di zoom 35-200mm, il primo dei quali entrò in produzione (previo declassamento della lente n° 2 da ED a Phosphor-Krown a bassa dispersione); lo schema ottico dei prototipi n° 1 (poi entrato in produzione) e n° 2 è praticamente identico (con modifiche marginali alla scelta di alcuni vetri ed al raggio di curvatura di alcuni elementi), mentre il prototipo n° 3 prevede 18 lenti anzichè 17, ed un elemento singolo è stato modificato in doppietto collato.
Ecco i due schemi così come compaiono nel progetto originale.
Gli schemi dei primi due prototipi sono visivamente identici, mentre la terza opzione prevede la sostituzione di una lente singola con un doppietto (indicato dalla freccia).
Per completare il quadro, ecco altri schemi inediti relativi a varie aberrazioni.
Giacitura del piano immagine con orientamento tangenziale (1a - 2a - 3a) e andamento dell'aberrazione sferica (1b - 2b- 3b) nell'esemplare di produzione e nei prototipi n° 2 e n°3 in funzione della focale adottata.
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Giacitura del piano immagine con orientamento tangenziale a 70% della diagonale di formato (a) e relativa fluttuazione passando da infinito a distanze medie e macro (b-c) nell'esemplare di produzione in funzione della focale adottata.
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Questi ultimi due schemi (che riportano l'andamento di molte aberrazioni nell'esemplare di produzione sia ad infinito che a distanza minima) danno lo spunto per alcune considerazioni:
innanzitutto appare evidente che su infinito l'obiettivo soffre di una forte distorsione a barilotto alla focale di 35mm, effettivamente vistosa nell'uso pratico (anche se facilmente eliminabile via software); tale distorsione si annulla intorno a 60-70mm e da 105mm in poi passa a cuscinetto, con valori costanti intorno al 2% abbondante, sufficiente a renderla comunque avvertibile nelle riprese di dettagli architettonici; per quantificare l'entità dei movimenti interni introdotti dalla seconda ghiera di messa a fuoco, faccio notare che alle distanze minime la distorsione a 35mm passa da un 6% abbondante a meno del 2%, alla soglia di visibilità: peccato che una simile correzione sarebbe servita di più in foto di architettura su infinito anzichè nella macro di un fiore...
Su infinito la correzione dell'aberrazione sferica e la differenza di giacitura delle calotte sagittale e tangenziale nel grafico dell'astigmatismo migliorano decisamente passando alle focali superiori, dalle quali è lecito attendersi una resa molto elevata, mentre alle distanze minime, nuovamente, il flottaggio supplementare introdotto dalla ghiera "macro" sconvolge le carte in tavola: notate l'andamento dell'aberrazione sferica a 200mm... L'inversione di tendenza che privilegia ora le focali inferiori è comunque una scelta logica, dal momento che i rapporti di riproduzione più alti si ottengono proprio a 35mm, e del resto non è lecito attendersi dalla posizione macro di uno zoom 35-200 di oltre 25 anni fa la resa di un micro-Nikkor...